GLORIA GO: la nostra "Testimonial"
Entro nello spogliatoio della palestra. Mi guardo intorno, è la prima volta che vengo qui, alcune donne si stanno cambiando e parlano tra loro. Le saluto ma nessuna risponde. Escono e si spostano nella sala corsi. Indosso i pantaloncini e la maglietta e sono pronta, anche se mi sono già pentita di essere venuta.
La lezione di Functional è interessante, l’insegnante cerca di coinvolgermi ma il resto della classe non ha nessuna intenzione di integrarmi, fanno gruppo a parte. Alla fine dell’ora mi butto sotto la doccia per evitare altre interazioni. Quando esco per asciugarmi noto che qualcosa cambia nel loro atteggiamento. Hanno smesso di parlare e mi guardano cercando di non darlo a vedere. Gli sguardi colmi di indifferenza si sono trasformati in occhiate malcelate di ammirazione. Tiro fuori dalla borsa CREMAFIT e inizio a spalmare il mio corpo perfetto. Si staranno chiedendo: «Come fa quella lì ad avere un fisico così tonico nonostante durante la lezione si sia allenata meno di noi?»
Hanno proprio ragione. Conosco un segreto, un vantaggio sleale che avrei condiviso volentieri con loro se non avessero cercato di farmi sentire inferiore.
«Buona serata! Non vi dico “Alla prossima volta” perché non ci sarà.» Esco dallo spogliatoio e le lascio ai loro pettegolezzi.
«Stop! Buona la prima» urla il regista.
Questo è lo spot televisivo che ho appena registrato. Un’esperienza bellissima, mi sono sentita una diva. E poi dovevo pubblicizzare una crema idratante per l’attività fisica che adoro e che uso da molto tempo. CREMAFIT è un prodotto naturale con una caratteristica speciale: la spalmi e si sente un leggero e piacevole tepore che mantiene i muscoli caldi anche dopo l’allenamento, prolungandone i benefici e facilitando l’assorbimento di un elemento tonificante segreto. Per questo il suo slogan è: Raddoppia i benefici del tuo allenamento a parità di sforzo. Ho comunque dovuto concentrarmi molto per apparire naturale nelle riprese; dovevo sorridere al mondo esterno mentre dentro di me covavo un dramma interiore. Per me questo è un periodo difficile, ma credo di essere stata brava a lasciare le preoccupazioni fuori dal set.
Le persone che incontri, guardandoti con superficialità dall’esterno, possono farsi un’idea sbagliata di quello che siamo in realtà. Troppe volte ho generato nei mie confronti un sentimento di invidia, ma non quella positiva che possiamo provare verso una persona che ha ottenuto successo, quella che ti spinge ad agire per raggiungere i suoi stessi risultati. No, parlo di quell’invidia dannosa, che ti fa vedere agli altri come una miracolata che ha ottenuto tutto quello che ha dalla vita senza nessuno sforzo. La verità è che non è quasi mai così, vediamo solo la punta dell’iceberg ma non scorgiamo mai tutto l’impegno che è stato necessario per raggiungere quegli obiettivi. E non solo nel lavoro. Anche avere un corpo slanciato e sinuoso può essere frutto di duro lavoro e nel mio caso è stato proprio così.
A volte penso che la nostra vita scorra a cicli, dei cerchi concentrici che si espandono e ci permettono di evolverci ma, alcune volte, ci portano a rivivere da vicino situazioni che abbiamo già vissuto nel passato. Dei déjà vu che ci fanno dire: “Io questo avvenimento l’ho già vissuto, cosa sta succedendo?” Ho avuto questa sensazione mentre giravo lo spot televisivo di CREMAFIT. Oggi ho la fortuna di essere considerata una bella donna, gli uomini mi corteggiano e vengo chiamata per realizzare servizi fotografici in bikini. Chiunque mi conosca da poco tempo non riuscirebbe a credere che la mia vita non sia sempre stata così, che anni fa il mio mondo era ben diverso da com’è attualmente. Mi riferisco soprattutto al periodo dell’adolescenza, quando ero divisa da una parte all’altra dell’oceano: ho frequentato i primi anni di high-school negli Stati Uniti e ho finito il liceo in Italia. All’epoca ero ben diversa da come sono ora, sfiderei chiunque a riconoscermi negli album fotografici della scuola. Non mi ero ancora sviluppata in altezza, ero grassa, ricoperta di brufoli e portavo l’apparecchio. Spesso ho dovuto subire anche atti di bullismo. Le attività sportive erano il mio incubo, impacciata in tutte le discipline, riuscivo a malapena a raggiungere la sufficienza; ma il momento più difficile era quando ci dovevamo cambiare nello spogliatoio: venivo sistematicamente derisa e umiliata. Ma non sentivo nessuna necessità di migliorarmi, non anelavo a essere integrata nel gruppo. Una sorta di meccanismo interno mi faceva credere che meritavo quella situazione, che non potevo aspirare a nulla di più. Il primo anno di scuola superiore è trascorso così, nella speranza che un mantello dell’invisibilità mi nascondesse al resto del mondo.
All’inizio del secondo anno conobbi Brooke, l’amica che si è sposata con Ryan ed è diventata mamma da poco. Lei era già una bella ragazza, perfettamente integrata con gli altri compagni ma, nonostante questo, mi notò e strinse amicizia con me incurante delle battute delle sue amiche. Brooke mi disse chiaramente che se volevo integrarmi con il resto della classe avrei dovuto cambiare alcune abitudini. Per prima cosa avrei dovuto mangiare meno e meglio. Via il cibo spazzatura e maggiore attenzione alla dieta. Poi avrei dovuto iniziare a curarmi di più, a partire dai capelli che ero solita portare sempre legati. Infine, mi disse che il mio outfit era inguardabile e che potevo vestirmi così solo se restavo sul divano di casa a guardare la televisione. Provò in tutte le maniere ad aiutarmi ma fallì. La colpa era mia, che rifiutavo il suo aiuto. Non credevo di meritarlo e così tornai presto alle mie abitudini autolesionistiche. Brooke ci rimase male, non mi abbandonò al mio destino ma si leggeva in faccia che l’avevo delusa. Ancora non sapevo però quello che sarebbe successo a breve.
Inutile dire che in quei primi due anni di scuola nessun ragazzo si era mai interessato a me. Nessun invito alle feste, nessuna richiesta del numero di telefono, nulla. Per me era la normalità e non mi aspettavo niente di diverso, anzi, quelle poche volte che qualche ragazzo mi rivolgeva la parola facevo di tutto per dissuaderlo. Forse non ero pronta o forse volevo portare fino in fondo il mio progetto di completo autoannientamento. Finché un giorno Dan non si fece avanti: era il ragazzo più bello della scuola, il quarterback della squadra di football e in assoluto il più corteggiato dalle ragazze. La stessa Brooke aveva una cotta per lui ma era sempre stata snobbata. Cosa stava succedendo? Dan mi aspettava alla fine delle lezioni, si offriva di portarmi i libri e mi chiese il numero di telefono. Non riuscivo a capire. Brooke era interdetta, anche lei incapace di trovare una spiegazione.
Continuava a dirmi di stare attenta, di essere prudente. Quell’inaspettata popolarità però mi diede alla testa: iniziai a vestirmi meglio e a curare il mio aspetto con il solo risultato di rendermi ancora più ridicola di fronte alla popolazione studentesca. Fino al giorno in cui Dan mi invitò a casa sua per studiare insieme e prendere un caffè, e decisi di andare. Eravamo soli, i suoi genitori erano all’estero per lavoro e capii presto che quel pomeriggio avremmo studiato poco. Eravamo seduti sul divano quando iniziò ad accarezzarmi e a baciarmi sul collo, sulla bocca. Io mi lasciai andare e poco dopo ci ritrovammo nudi. Stavo per vivere la mia prima volta con un ragazzo bellissimo, non ci potevo credere! Non feci tempo a metabolizzare questo pensiero che mi trovai il suo pene in bocca, iniziai istintivamente a leccarglielo e non mi sembrò che percepisse la mia goffaggine visto i versi di piacere che emetteva. I modi gentili, che avevo sperimentato durante i giorni precedenti, erano scomparsi. Ora Dan era brusco e quasi impaziente. Non ci volle molto a sentire dentro di me il suo pene duro e rabbioso. I suoi colpi mi facevano vibrare ma non provavo piacere. Volevo solo che finisse il più in fretta possibile.
Quando venne, Dan alzò le mani al cielo e urlò: «Ho vinto! Dovete pagare» voltando la testa verso la finestra.
Mi affacciai oltre la sponda del divano e notai un paio di amici della squadra di football di Dan con il viso attaccato al vetro. Mi sentii morire, mi rivestii in fretta e scappai via. Dopo il primo momento di confusione non ci volle molto a capire: Dan aveva fatto una scommessa, aveva detto agli amici che sarebbe andato a letto con la più brutta della scuola, lui che aveva le ragazze più belle che gli ronzavano intorno. Non seppi mai quali erano i dettagli della scommessa, quale la posta in palio. Fui indecisa se denunciarlo, mi sentivo vittima di una violenza, anche se era più psicologica che fisica, visto che l’atto era comunque stato consenziente. Alla fine decisi di non fare nulla, probabilmente non sarei stata creduta e forse non era neanche un reato punibile dalla legge, in ogni caso avrebbe solo peggiorato la mia posizione a scuola e sarei stata derisa ancor di più. Ve l’immaginate la ragazza più brutta della scuola che denuncia il più bello per violenza sessuale? Lasciai stare. Non dissi nulla neanche a Brooke, mi tenni tutto dentro, nonostante fosse la mia prima esperienza sessuale; avrei potuto rimanere traumatizzata per il resto della vita ma fortunatamente non successe. Dal giorno dopo a scuola Dan riprese a ignorarmi e la vita continuò come se nulla fosse successo. Per fortuna all’epoca non c’erano ancora gli smartphone e i social network, altrimenti avrei rischiato di diventare lo zimbello di tutta la rete.
Cercai di riprendere la mia vita abituale, ma qualcosa in me era scattato. Dan senza saperlo mi aveva fatto un favore. Mi aveva fatto superare la soglia di dolore oltre la quale non ero disposta ad andare, aveva scavato nelle mie paure fino a toccarne il punto più basso. Ora nulla poteva ferirmi; promisi a me stessa che non avrei più permesso a nessuno di farmi stare male senza il mio consenso. Mi restava solo da capire come rialzarmi e diventare la migliore versione di me stessa.
Dopo l’increscioso evento mi trascinai ancora per qualche settimana. Ero animata da una forza nuova anche se all’esterno nulla era cambiato. Stavo cercando la mia strada. Determinante fu l’incontro con una supplente di educazione fisica. La professoressa titolare era andata in maternità e arrivò Kelly McDowell, una giovane donna all’apparenza mite ma molto determinata. Non le ci volle molto ad accorgersi del disagio che stavo vivendo e cercò di coinvolgermi attivamente nelle sue lezioni. Io però non ero ancora pronta a saltare dall’altra parte della riva e rifiutavo il suo aiuto, finché un pomeriggio alla fine della lezione mi disse: «Gloria, ti dispiacerebbe fermarti dieci minuti?»
«Cosa succede?» le risposi, convinta che volesse comunicarmi la sua intenzione di bocciarmi alla fine dell’anno scolastico.
«Ti posso aiutare» mi disse con tono pacato, guardandomi negli occhi.
«A fare cosa?»
«Lo sai…»
«Davvero, non capisco.»
«A smettere di nasconderti e a far uscire il cigno che è in te.»
Rimasi interdetta, come aveva fatto quella donna che mi conosceva appena a capire le mie pene?
«Ma io…» balbettai.
«Basta che tu lo voglia, devi solo accettare la sfida. Se deciderai di farlo e ascolterai senza discutere, io ti aiuterò.»
Fu così che accettai quella proposta come una benedizione. La voglia di rivalsa aveva fatto in modo che comparisse quell’angelo ad aiutarmi. Si dice che il maestro appare quando l’allievo è pronto. Non so se è sempre così, ma nel mio caso è esattamente quello che accadde.
Passarono tre mesi veramente intensi, tutti i giorni alla fine delle lezioni mi fermavo con lei sul campo di atletica a correre, a fare esercizi a corpo libero e a sollevare pesi incurante del freddo e talvolta anche della pioggia. Fui un’allieva modello e instaurai con Kelly un rapporto di amicizia intenso. Sarò sempre grata a quella donna che per prima lesse dentro la mia anima i miei turbamenti, li fece venire fuori e li dissolse come una spruzzata di neve quando si alza in cielo il caldo sole primaverile. Quell’anno iniziai anche a svilupparmi fisicamente, crebbi in altezza e il seno si fece audace.
Continuai comunque a vestirmi in maniera sgraziata fino a quando non decisi che era arrivato il momento di fare la mia uscita in società. Kelly non aveva trascurato nulla, mi aveva insegnato come valorizzare il mio portamento e mi aveva introdotto all’arte del trucco. Una mattina di primavera, al ritorno dalle vacanze di Pasqua, nacque la nuova Gloria, Gloria GO per l’esattezza, come mi incitava affettuosamente lei durante gli allenamenti.
Fu una giornata che non dimenticherò mai: la mia camminata decisa, l’ingresso nel lungo corridoio che portava alle aule. Tutti mi guardavano ammirati, nessuno mi riconosceva. Neppure Brooke, che non poteva crederci quando mi avvicinai per salutarla. Passò al mio fianco anche Dan con i suoi amici, si girarono a guardarmi, io a testa alta non li degnai di uno sguardo.
Non avrai la possibilità di vincere un’altra stupida scommessa, pensai sorridendo. La metamorfosi era compiuta, il brutto anatroccolo era diventato un cigno.
Ero riemersa dall’inferno e giurai a me stessa che quello sarebbe stato un viaggio di sola andata. Non avrei più permesso a nessuno di farmi sentire inferiore, in primis a me stessa. Da allora sono sempre stata una donna bella, forte, risoluta, amante della vita. Ma quante persone danno per scontato che io sia sempre stata così? Se solo sapessero il dolore che ho provato e lo sforzo che ho dovuto fare per diventare quella che sono! Per questo girare la pubblicità per CREMAFIT ha smosso qualcosa dentro di me, mi ha fatto capire quanto si possa stare male quando le persone ti emarginano o ti deridono. Occorre usare tutti gli strumenti a nostra disposizione per valorizzare noi stessi. Sono convinta che viviamo in un mondo di abbondanza, dove le cose possono e devono accadere senza sforzi eccessivi. Dobbiamo lavorare senza necessariamente sacrificare la nostra vita privata, fare attività fisica senza sfiancarci e trovare l’armonia con la natura che ci circonda, adeguarci al suo ritmo, lento, incessante e produttivo.
In quel periodo della mia vita americano imparai ad amarmi e non ho più smesso; quello stesso anno, durante le vacanze estive, conobbi Ryan e fu una stagione dolcissima. Lui era un ragazzo molto ricercato e sapevo che la nostra storia sarebbe durata poco, ma non mi importava, era una ricompensa per essere riuscita ad arrampicarmi su una montagna impervia senza ausilio o protezione. Sarebbe bastato guardare una sola volta verso il basso e sarei precipitata nel vuoto e invece, anche grazie all’aiuto della mia mentor, ero riuscita ad arrivare fino in cima. Da lassù riuscivo a vedere ogni cosa dalla giusta prospettiva e soprattutto potevo vedere la Gloria che avevo sempre voluto essere e che nascondevo al mondo. Ero caduta ma mi ero rialzata. Tutti noi cadiamo nella vita, quello che conta è trovare la forza per risollevarsi più forti di prima.
Un abbraccio, Gloria GO